La seconda vita di Second Life
http://mag.sky.it/mag/web_style/2009/07/20/second_life.html
Nessuno ne parla più, ma il mondo virtuale dei Linden Lab è tutt’altro che morto. Ogni giorno migliaia di residenti si collegano, non solo per divertimento, ma anche per scopi educativi. Una rassegna delle migliori iniziative
20 luglio, 2009 |
Second Life – foto Grazia Neri
di Alessandra Carboni
Ma chi l’ha detto che Second Life è morto? Il mondo virtuale creato dai Linden Lab non solo è vivo e vegeto, ma gode anche di ottima salute. È uno studio indipendente realizzato dalla società di analisi Next Up Research a rivelare un po’ di numeri e informazioni dettagliate sull’azienda di San Francisco, che ha compiuto i suoi primi 10 anni di attività. Secondo il report, a sei anni dal suo lancio ufficiale e a circa due anni di distanza dal picco di popolarità che l’ha portata sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, Second Life attira ancora un gran numero residenti (così si chiamano gli utenti registrati): con una media di un milione di utenti connessi ogni mese si lascia alle spalle altre realtà virtuali assai famose come World of Warcraft o Civilization IV.
The SIETAR Intercultural Learning Space – Extended
Formazione degli studenti nel campo dell’assistenza ai malati in Second Life
Welcome to the Global Network of SIETAR!
The Society for Intercultural Education, Training and Research is the world’s largest interdisciplinary network for professionals and students working in the field of intercultural relations.
The primary purpose of SIETAR is to encourage the development and application of values, knowledge and skills that promote and reinforce beneficial and long-lasting intercultural relations at the individual, group, organization, and community levels.
Rivisitando con Domenico Quaranta il cosiddetto Rinascimento Virtuale in Second Life a Firenze 2008
Wednesday, September 17, 2008
Rinascimento Virtuale Interview
http://spawnofthesurreal.blogspot.com/2008/09/rinascimento-virtuale-interview.html
Rinascimento Virtuale. L’avatar è un’opera d’arte?
Domenico Quaranta. L’avatar può essere un’opera d’arte, come qualsiasi altra cosa del resto. Nella maggior parte dei casi, ovviamente, non lo è. Il mio avatar in SL, ad esempio, non è un’opera d’arte: è solo la maschera che io mi sono disegnato per interagire in un mondo sintetico. È un autoritratto, un dispositivo di socializzazione, un sistema di navigazione. Certo, ci ho messo della creatività per farlo, come del resto ne ho messa nel realizzare il mio biglietto da visita. Nessuno dei due è arte, anche se entrambi potrebbero diventarlo, in certe condizioni.
RV. Si metterebbe nel salotto un quadro realizzato in Second Life?
DQ. Lei si metterebbe in casa un quadro realizzato in Photoshop? Si e no, dipende dal quadro, non certo dal mezzo. In SL non si realizzano quadri: si importano realizzazioni esterne, si scattano fotografie, si realizzano installazioni che possono avere una valenza iconica.
RV. Quanto può valere un’opera realizzata in Second Life?
DQ. Ancora: 0, 1.000 o 1.000.000: dipende dall’opera, dall’interesse che suscita, dal desiderio che riesce ad attivare.
RV. E’ scoccata l’ora del Rinascimento virtuale?
DQ. Non credo. Su questo vorrei essere molto chiaro, a costo di sembrare un vecchio censore. Non esiste alcun movimento artistico nei mondi virtuali: esiste qualche buon artista che ha deciso di sperimentare con questo medium e una schiera di individui che hanno confuso con l’arte quello che fanno. È una cosa che succede spesso, e che può avere anche una sua funzione positiva, contribuendo ad allargare la nostra idea dell’arte. Quasi sempre nasce dalla confusione tra due termini: creatività e arte. La creatività viene usata in tante cose: allestire presepi, disegnare un libro o una rivista, progettare un marchio, gestire un’azienda, cucire un vestito. Nessuna di queste cose è “arte”, anche se l’arte si può verificare in ciascuna di esse.
RV. Conviene investire nell’arte sviluppata nei social network?
DQ. Conviene investire nei buoni artisti. Compresi quelli che emergono dai social network.
RV. Quanto durerà la moda dell’arte di Second Life?
DQ. Non esiste una “moda dell’arte di Second Life”. Esiste una nicchia operativa che si è costruita su uno strumento, e che ha scarsi riscontri fuori da questo contesto. La sua durata dipenderà dalla capacità dello strumento di innovarsi e stimolare la creatività delle persone, di estendere il proprio modello ad altri mondi virtuali; dalla capacità di questa nicchia di strutturarsi, di dotarsi di gerarchie e criteri di valutazione; dall’esistenza dei mondi virtuali, del tempo libero e della disoccupazione.
RV. Meglio i writers (i graffitari) o gli artisti dei social network?
DQ. Entrambi i termini sono fuori luogo. Keith Haring non è un writer né Gazira Babeli è un’artista dei social network, ma entrambi sono artisti di ottimo livello. Se devo scegliere tra le due cose intese come fenomeni culturali nel senso più ampio del termine, scelgo senza dubbio il writing come fenomeno di appropriazione illegale dello spazio pubblico: è spontaneo, illegale, ha una lunga tradizione, incide sulla realtà e non si ammanta della parola arte, anche se qualcuno cerca di applicargliela forzatamente.
RV. L’arte di Second Life è quella degli artisti affermati che si cimentano anche con questo strumento oppure è un’arte che nasce dal basso, un’arte da autodidatti?
DQ. La distinzione è artificiosa: l’arte può emergere ovunque, e anche se è più facile che un artista che si è già guadagnato credito altrove faccia un buon lavoro, non è affatto scontato. Ma è l’espressione “arte di SL” che mi lascia forti dubbi. Se devo per forza definire una nicchia operativa, preferisco ficcarci dentro i creativi naife piuttosto che i veri artisti, quale che sia il loro curriculum. Questi fanno arte senza aggettivi.
RV. Lei ha un’avatar in Second Life?
DQ. Si. Si chiama Domenico Quaranta, ha barba e capelli bianchi e porta un cappello a cilindro.
RV. Come definirebbe Second Life?
DQ. Una discarica dell’immaginario.
RV. Meglio mondo vero o mondo virtuale?
DQ. Preferisco il mondo vero per il clima, i mondi sintetici per la compagnia.
RV. Second Life è una bolla mediatica?
DQ. SL è il prodotto sofisticato di diverse linee evolutive delle tecnologie digitali. Ed è, sicuramente, un modello per il futuro. In essa vi è molto di interessante, ma raramente ha attratto i media. Diciamo che alcune aziende e individui, per un certo periodo, hanno cercato di sfruttare in chiave pubblicitaria l’interesse morboso che sembrava suscitare chi investiva denaro reale in un mondo sintetico. Oggi questo interesse si è spento, e gli spazi aperti da queste aziende sono tutti vuoti.
RV. Sa che sono stati girati dei film in Second Life? Gli avatar prenderanno il posto degli attori?
DQ. Solo quando riusciranno a rifare la scena dello specchio di Taxi Driver come e meglio di Robert de Niro.
RV. Matrix è il futuro o il presente?
DQ. Matrix è il passato. Ogni futuro immaginato somiglia al presente che l’ha generato, e Matrix è stato girato nel 1999 rielaborando un immaginario che risale agli anni Ottanta.
RV. Cosa pensa del virtuale?
DQ. Da cultore della Patafisica, preferisco il potenziale.
RV. Ci si può innamorare di un avatar?
DQ. Ci si può innamorare di qualsiasi cosa.
RV. Qual è l’espressione più avanzata dell’arte di questi anni?
DQ. Come sempre, è l’arte che parla di noi e del nostro presente con un linguaggio che sarà comprensibile anche agli uomini che ci seguiranno, nonostante i loro innesti tecnologici e i loro avatar.
RV. Cosa pensa della net art?
DQ. Penso che sia stata un grande momento dell’arte dell’ultimo decennio, e che non c’entri nulla con ciò di cui stiamo parlando.
RV. L’arte del futuro sarà quella dei grandi maestri o quella dei naif del web?
DQ. L’arte del futuro sarà quella degli artisti, dei critici e del pubblico del futuro. Potremmo fare tante previsioni, e sarebbero tutte sbagliate, perché il tutto dipende da come evolverà l’idea di arte. Ma francamente credo che i “naif del web”, come li chiama lei, abbiano poche chance. Ma nulla esclude che il Warhol del XXI secolo ora stia scattando ritratti su SL. Dopotutto, quello del XX secolo disegnava pubblicità per le scarpe. Ma non è certo con quelle che è entrato nella storia.
RV. Fumetti, cinema di serie B, ritratti realizzati in Second Life: è vera arte?
DQ. L’arte è un fatto così magico e misterioso che a migliaia di anni dalla sua nascita siamo ancora qui a chiederci cosa sia arte e cosa non lo sia. Francamente, non credo che la mia sia la risposta definitiva al problema. Quello che posso fare è richiamare la sua attenzione su alcune convenzioni relative al termine arte: questo viene utilizzato di solito per designare le arti visive, ma anche (al plurale) per le altre arti (musica, architettura, cinema, etc.) e anche numerose tecniche. Tutto ciò conferisce al termine una grande complessità, che ne rende molto complicato l’utilizzo. Le faccio un esempio. Il cinema è un’arte (qualcuno l’ha definito la settima arte), ma non tutto il cinema è Arte (con la A maiuscola). Inoltre, quando diciamo, ad esempio, che Taxi Driver è Arte, non intendiamo dire che esso meriti un posto di rispetto nel mondo delle arti visive, ma nella storia del cinema come arte. Tuttavia, qualche film (ad esempio, Drawing Restraint 9 di Matthew Barney) è arte in entrambi i sensi, avendo cercato (e ottenuto) il riscontro di entrambe queste storie. Allo stesso modo, il fumetto è un’arte, ma pochi fumetti sono Arte, e solo alcuni di essi sono stati realizzati come opere d’arte nel senso conferito a questo termine dal mondo dell’arte contemporanea. Ma non le dirò mai che il Fumetto è Arte, e che un gallerista deve vendere i ritratti di SL perché sono Arte, anche se alcuni di essi lo sono.
Nel gennaio 2008, Domenico Quaranta e Fabio Paris hanno lanciato una nuova collana editoriale intitolata FPEditions, in lingua italiana e inglese, debuttando con una monograzia su Todd Deutsch e Gazira Babeli. In questa intervista, Domenico Quaranta ci descrive la linea editoriale e la filosofia della serie.
Matteo Bittanti: Com’e’ nata l’idea delle FPEditions?
Domenico Quaranta: Probabilmente, dalla follia creativa di Fabio Paris, e da qualche coincidenza. Fabio Paris è un gallerista che conduce un gioco rischioso ma appassionante, e che si è reso conto che questo gioco va sostenuto non solo a livello mercantile, ma anche a livello critico. Interessato alle ripercussioni artistiche dell’evoluzione tecnologica, si è rivolto precocemente a territori temporaneamente chiamati “new media art”, “net art”, “bio art”. Questi territori producono una vasta pubblicistica, ma quasi mai rivolta al pubblico a cui lui si rivolge. Da qui nasce la scommessa editoriale di FPEditions…(segue)
Domenico Quaranta (Brescia, 1978) è critico e curatore d’arte contemporanea. Scrive regolarmente su Flash Art, con una particolare attenzione alla net art e ai nuovi media. Ha pubblicato “NET ART 1994-1998. La vicenda di Ada’web” (Milano 2004) e, con Matteo Bittanti, “GameScenes. Art in the Age of Videogames” (Milano 2006). Ha curato diverse mostre in Italia e all’estero, tra cui: “Connessioni leggendarie. Net.art 1995 – 2005″ (Milano 2005 – con L. Lampo, M. Deseriis, 0100101110101101.org); “Holy Fire. Art of the Digital Age” (Bruxelles 2008 – con Y. Bernard); e “For God’s Sake!” (Nova Gorica 2008). Tiene un corso di “Net Art” presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e gestisce il blog Spawn of the Surreal.
Quaranta ha concentrato inizialmente la sua attenzione sulla net art, per poi estendere la sua indagine alla new media art e all’impatto dei media digitali sull’attività artistica. Da un punto di vista curatoriale, il suo lavoro mira essenzialmente a studiare le strategie di “traduzione” (tecnologica, ma non solo) necessarie per ricondurre la new media art nel contesto espositivo e discorsivo dell’arte contemporanea.
Fonte: http://www.domenicoquaranta.net/
gennaio 7th, 2009 | Tags: arte. net art, domenico quaranta, firenze, rinascimento virtuale, second life
Rispondi